Roma saluta per l’ultima volta Gaia e Camilla

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“Siamo abituati a vivere tra tecnologie e innovazione eppure brancoliamo nel buio ed è quello su cui dobbiamo riflettere: su questa ora buia”. Così ha esordito il parroco don Gianni Matteo Botto nel corso dell’omelia ai funerali di Gaia e Camilla, le due 16enni investite e uccise su corso Francia a Roma. E dopo aver sottolineato “l’insensatezza di ciò che è avvenuto”, sono tre le parole-chiave su cui ha insistito: buio, speranza e amore “che dà senso alla vita”. “Questo terribile incidente ha fatto crollare ogni sovrastruttura della nostra vita. Le nostre prosopopee, le nostre chiacchiere. Qual è il senso della nostra vita? Mandarla in fumo? Berci la nostra vita? Questa è vita? O sono finte libertà? Un arbitrio che in realtà toglie la libertà perché ci toglie la consapevolezza”, e rende ”schiavi. E ”magari quando sei sbronzo ti metti pure a guidare. In fondo pensiamo tutti di essere un po’ padreterni, superuomini, e poi non riusciamo a seguire le regole comuni”, ha detto ancora il parroco aggiungendo: “Non siamo forse tutti un po’ superbi? Oggi ci riscopriamo tutti un po’ palloni gonfiati”. ”In questa ora buia sono arrivati tanti messaggi in un grande abbraccio” per i familiari delle due ragazze investite e uccise a Corso Francia.

Sono molti gli amici e i compagni di scuola, oltre ai cittadini comuni, che hanno voluto stringersi attorno ai familiari delle due giovani vittime nella parrocchia del Preziosissimo Sangue in via Flaminia Vecchia a Roma. Un lungo applauso ha accompagnato le due bare bianche all’uscita dalla chiesa, nella commozione generale da parte dei tantissimi presenti.

Per l’omicidio stradale delle due 16enni è indagato il 20enne Pietro Genovese, da ieri agli arresti domiciliari. Lo ha deciso il gip della Capitale nei confronti del 20enne, indagato per omicidio stradale plurimo. Al giovane, figlio del regista Paolo, dopo l’incidente è stato riscontrato un tasso alcolemico dell’1,4 oltre a tracce di varie sostanze stupefacenti e in passato era stato trovato in possesso di droga per uso personale.

Tracce di droghe nel sangue che però non dimostrano che il giovane fosse alla guida sotto effetto di quelle sostanze. Per questo il gip di Roma ha escluso l’aggravante dell’alterazione psicofisica dovuta all’uso di sostanze stupefacenti. Come scrive il gip Bernadette Nicotra nell’ordinanza di custodia cautelare con la quale ha disposto gli arresti domiciliari, “le sostanze stupefacenti riscontrate sebbene presenti ben potevano essere state assunte dal Genovese in epoca precedente”.

Intanto sul fronte delle indagini relative al duplice omicidio stradale Pietro Genovese al volante guidava con “imprudenza e imperizia” e “teneva una velocità superiore al limite consentito di 50 Km/h”. Lo scrive il gip di Roma Bernadette Nicotra nell’ordinanza di custodia cautelare con la quale ha disposto gli arresti domiciliari per Pietro Genovese, indagato per omicidio stradale plurimo per l’incidente in cui sono morte investite le due 16enni Gaia e Camilla.

Genovese – a cui era stato concesso un nulla osta temporaneo dal pm Roberto Felici per passare il Natale nella casa di famiglia in Umbria – – guidava inoltre senza tenere conto delle “condizioni della strada e del traffico (ora notturna, prossimità dell’intersezione con via Flaminia- scarsamente illuminata – forte pioggia intermittente, intenso traffico pedonale e veicolare) così da non poter arrestare tempestivamente il veicolo a fronte di un ostacolo prevedibile”.

Il 20enne, che a quanto si apprende sconterà gli arresti domiciliari nella casa a Roma, inoltre “si era messo alla guida dell’autovettura nonostante avesse assunto bevande alcoliche e nonostante in passato gli fosse stata già ritirata la patente di guida per violazioni del codice della strada. Questo comportamento dimostra noncuranza, se non addirittura disprezzo verso i provvedimenti e i moniti dell’autorità amministrativa e di pubblica sicurezza ed è sintomo di una personalità incline alla violazione delle regole”, afferma inoltre Nicotra nel provvedimento. Secondo il giudice “sussiste l’esigenza cautelare per il concreto pericolo di reiterazione della condotta criminosa”. “La personalità dell’indagato – si legge – lascia ragionevolmente presumere che il medesimo non si scoraggi dall’usare comunque l’automobile per il solo fatto dell’avere avuta ritirata la patente di guida. Sicché allo stato al fine di neutralizzare il pericolo concreto ed attuale di reiterazione di condotte analoghe appare necessario limitare la libertà di movimento di Genovese, il quale sebbene incensurato e di età giovane potrebbe mettersi alla guida di autovetture di amici o conoscenti anche senza patente e porre in essere condotte gravemente colpose in violazione delle norme della circolazione stradale compromettendo così la propria e l’altrui incolumità”.

In ogni caso Genovese aveva tracce di droghe nel sangue che però non dimostrano che il giovane fosse alla guida sotto effetto di quelle sostanze. Per questo il gip di Roma ha escluso l’aggravante dell’alterazione psicofisica dovuta all’uso di sostanze stupefacenti. Dai test effettuati all’ospedale Umberto I subito dopo l’incidente è stato riscontrato un tasso alcolemico dell’1,4 ma, come scrive il gip, “le sostanze stupefacenti riscontrate sebbene presenti ben potevano essere state assunte dal Genovese in epoca precedente”.

Le due vittime dal canto loro hanno attraversato la strada col semaforo rosso, tenendo una “condotta vietata, incautamente spericolata, così concorrendo alla causazione del sinistro mortale”, scrive ancora il gip. “Nella ricostruzione di un incidente stradale, nella sua dinamica e nella sua eziologia, il giudice di merito deve necessariamente tenere conto delle condotte dei singoli utenti della strada coinvolti – si legge nell’ordinanza – per accertarne le responsabilità, determinare l’efficienza causale di ciascuna eventuale colpa concorrente”. “Alla luce di quanto accertato in questa prima fase – scrive il gip – le due ragazze, in ora notturna, in zona scarsamente illuminata e con pioggia in atto” stavano “attraversando la carreggiata, scavalcando il guard rail, nel momento in cui il semaforo era fermo sulla luce rossa per i pedoni”.

Nell’incidente stradale mortale, scrive ancora il gip di Roma, ha influito anche “un’illuminazione ‘colposamente’ insufficiente”. Ma “una velocità prudenziale e una condizione di sobrietà in rapporto alla prossimità di un attraversamento semaforico, all’insistenza di un affollato agglomerato urbano, di locali notturni assai frequentati soprattutto di sabato sera, di un asfalto bagnato per causa della pioggia, di una scarsa visibilità per causa di illuminazione ‘colposamente’ insufficiente, avrebbe, con ogni probabilità, permesso all’indagato di meglio controllare il veicolo mettendo in atto manovre di emergenza per arrestarlo davanti a ostacoli prevedibili”. (Adnkronos)

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